Capitolo 1
In tutte le prime pagine dei quotidiani si leggeva: «Ragazza trovata in fin di vita, suicidio o omicidio?», o ancora «Tentato omicidio di una giovane ragazza». I giornalisti avevano cominciato la lotta contro il tempo al fine di sapere per primi le novità al riguardo, cercavano tutti l’intervista inedita ad un familiare o ipotizzavano teorie e prendevano posizione.
L’intera cronaca era divisa in due, chi credeva nel l’ipotesi del suicidio e chi in quella dell’omicidio, e si cercavano solo motivi a favore della propria tesi.
Qualche giorno dopo nei giornali si lesse la notizia: «Arrestato l'uomo che l’aveva rapita tre anni prima».
Pochi sapevano il nome della ragazza, pochi realmente volevano sapere la verità, pochi erano interessati alla vita di Penelope Pirandello. In un mondo in cui l'orrido ha il suo fascino, non c’è spazio per il sentimentalismo, la gente cerca un’altra storia per poi chiedersi di chi è la colpa, chi sia il responsabile di questa società così crudele. Penelope era solo un pretesto per tornare al dibattito, poi quando il caso si fosse concluso tutti l’avrebbero dimenticata, era solo una delle tante!
I carabinieri di Genova arrestarono l’uomo che tre anni prima l’aveva rapita, un certo Alessandro Bruni, il quale era scappato dal centro che lo aveva in cura per via del suo stato mentale, per poi rifugiarsi in Svizzera creandosi una falsa identità.
Erano riusciti a trovarlo tramite la Finanza, la quale indagava già da tempo sul giro di documenti falsi creatosi ad Imperia.
Iniziato l’interrogatorio gli venne chiesto cosa sapesse dell’accaduto e il motivo per il quale era scappato dal centro.
- Ho saputo della sua morte dai giornali, ne sono stato profondamente addolorato e mi sento anche, in parte, responsabile, affermò Alessandro.
COME MAI SI SENTIVA RESPONSABILE? COME MAI CONTINUAVA A RIPETERE CHE ERA MORTA QUANDO PENELOPE ERA ANCORA VIVA, ANCHE SE IN GRAVISSIME CONDIZIONI?
- Lei si è ammazzata perché mi amava troppo !
Il nostro amore era troppo forte e il continuo ostacolare della gente intorno a noi ha fatto sì che lei non reggesse più questa situazione. Il suo cuore era diviso in due: da una parte il desiderio di avere una vita con me, dall’altra parte c’era la sua famiglia.
Il suo buon cuore non ha retto questa situazione, lei sapeva che i suoi genitori non avrebbero mai approvato la nostra relazione, ma allo stesso tempo non voleva abbandonarli. Loro sono la causa della sua morte, sono loro ad averla fatta sentire sbagliata, è per colpa delle loro manie di possesso che lei si è ammazzata.
Non hanno capito che era mia? Cosa volevano ancora? Dicevano che volevano proteggerla, da chi? Da me? Hanno sbagliato a cercare di separarci, perché se ora Penelope è in obitorio, è tutta colpa loro.
Ora vi racconto come sono andate le cose così capirete anche voi il perché lei non ce la faceva più a reggere questa situazione famigliare che la opprimeva impedendole di vivere la sua vita al mio fianco.
Io e mia moglie nel 2005 abbiamo ereditato una casa in Liguria, nella parte alta di Loano, lì vicino c'era una bellissima villa abitata dalla famiglia Pirandello, i quali, pur non avendo nessun tipo di parentela con lo scrittore, erano dei veri e propri talenti della scrittura e della letteratura. Lui era un professore universitario molto apprezzato, viaggiava molto in ogni parte del mondo per tenere dei convegni sulla letteratura italiana, lei invece lavorava come scrittrice per diversi giornali e riviste. So anche che aveva collaborato con diversi sceneggiatori famosi per vari film che hanno candidato agli Oscar.
I due avevano una figlia dell’età del mio: nati entrambi nel 2003 diventarono subito amici.
Noi la casa la usavamo come casa vacanze quindi i ragazzi si potevano vedere poco, ma quando eravamo lì erano inseparabili.
Come i suoi genitori, Penelope Pirandello era un fenomeno in letteratura, già da piccolissima raccontava storie e conosceva la mitologia greca e latina; nelle sere d’estate metteva in scena, con mio figlio, dei teatrini nei quali interpretavano moltissimi personaggi, le cui avventure erano inventate dalla stessa Penelope.
Lei è sempre stata speciale, chiunque la conoscesse sapeva che avrebbe fatto grandi cose, quando sarebbe diventata grande.
Ahimè, non ne ha avuto il tempo !
L’estate di due anni fa mia moglie e mio figlio Lucas sono stati in Liguria tutto luglio e agosto, così che i ragazzi potessero stare insieme. Ormai diciottenni non stavano più con i loro vecchi e cercavano sempre qualcosa di divertente da fare. Quell’estate in particolare, si erano organizzati con un gruppo di amici per girare tutta la costa ligure in motorino, fermandosi di giorno per fare il bagno in mare nei diversi paesini e alla sera per qualche festa sulla spiaggia.
Purtroppo io riuscii a raggiungere la mia famiglia al mare soltanto verso metà agosto, per via di impegni lavorativi, così arrivai giusto in tempo per il loro rientro da quella lunga gita.
Era da un po’ di tempo che non scendevo in Liguria e quando vidi Penelope ne rimasi sopraffatto. Era diventata un capolavoro, il suo fisico sembrava essere stato scolpito da uno di quei bravi scultori antichi. Le sue forme di giovane ragazza erano delicate ma voluminose ed erano in perfetta armonia con il suo viso in un insieme di colori: dagli occhi verde smeraldo, al nero dei suoi riccioli che gli scendevano giù per la fronte, finendo sulle guance rosse. Un equilibrio meraviglioso, ma non quanto il sentirla parlare. Era diventata un vero incanto e molte università l’avevano già contattata per averla nel loro ateneo, finito il liceo, perché si diceva che sarebbe diventata ancora più brava del padre e con i suoi scritti avrebbe vinto un Nobel.
Dico, come si fa a non innamorarsi di una ragazza così? È impossibile. Tutto in lei richiamava l’attenzione, tutti di fronte al suo sguardo così provocante erano vittime.
…Ed io fui la prima !
